Stefano Binda è riuscito a dimostrare la propria innocenza ai giudici della corte d’Appello, a distanza di oltre 30 anni dal ritrovamento del corpo di Lidia Macchi. Ritenuto responsabile della sua morte, Binda è stato accusato di omicidio volontario pluriaggravato. Oggi però i giudici guidati da Ivana Capito annullano la sentenza di primo grado e pronunciano l’assoluzione piena per non aver commesso il fatto. Respinta invece la richiesta del pg Gemma Gualdi che aveva chiesto la conferma dell’ergastolo comminato dai giudici di Varese.

Stefano Binda assolto, la sorella di Lidia Macchi: “Vogliamo sapere la verità”

La famiglia di Lidia Macchi non si arrende, anche se non frena la sorpresa per la sentenza pronunciata in Appello. Stefano Binda è finito nel mirino delle autorità nel 2016, per diversi motivi. Dalla conoscenza della vittima, avvenuta negli anni della scuola e grazie agli ambienti di Comunione e Liberazione che entrambi frequentavano, fino alla poesia In morte di un’amica spedita il giorno del funerale ai familiari di Lidia. Nell’aprile del 2018 le prove contro di lui sembrano schiaccianti: la sentenza è di ergastolo per omicidio. Poco più di un anno dopo invece è il test del DNA che esclude la sua presenza sulla scena del crimine.

“Credo che servisse un minimo di approfondimento in più”, commenda Stefania Macchi, sorella della vittima. 32 anni di attesa senza conoscere la verità su quanto accaduto alla ragazza uccisa con 29 coltellate nel bosco di Cittiglio. Era il 1987 e ad oggi nulla è cambiato: il mistero è sempre più fitto, ma la famiglia non si arrende. Stefano Binda ora sarà un uomo libero, come ordinato dai giudici della Corte di Appello. La richiesta di assoluzione piena presentata dai difensori Patrizia Esposito e Sergio Martelli è stata accettata.